Intervista alla Prof. Galdi

Leonardo Caroli

Elisa Galbussera

Intervista alla Prof. Galdi

Venerdì 8 marzo, alla 4° ora, nell’aula di scienze, abbiamo incontrato la professoressa Galdi, insegnante di italiano, storia e geografia nella nostra scuola.

Eravamo un po’ tesi e agitati, ma man mano che l’intervista andava avanti ci siamo tranquillizzati e abbiamo ascoltato l’interessante storia della sua vita. Le abbiamo fatto tutte le domande e poi ci siamo salutati, quasi dimenticandoci di scattarci il selfie.

Siete curiosi di scoprire cosa le abbiamo chiesto? Allora continuate la vostra lettura…

  1. Che tipo di studentessa era alle medie? Noi la immaginiamo in prima media timida timida, ma poi sempre più vivace. Ci sbagliamo?

“Sì, devo dire che corrisponde abbastanza. Ero una studentessa molto studiosa e mi piaceva andare a scuola, quasi mi dispiaceva quando arrivava il weekend perché non vedevo i miei compagni e abbandonavo la mia routine. Avevo tutte le cose organizzate. All’inizio avevo in particolare un’amica del cuore e le ero molto legata anche perché eravamo insieme anche alle elementari e abitavamo molto vicino, ma poi ho conosciuto altre persone.”

  1. Quali sono i suoi ricordi più belli delle medie?

“Soprattutto la gita di fine terza media di tre giorni a Venezia, è stato divertentissimo anche perché eravamo un gruppo molto unito. Poi mi ricordo molto bene anche la mia insegnante di italiano che era una persona molto appassionata della sua materia e penso mi abbia trasmesso questa passione soprattutto per la lettura e per la scrittura. Poi ho bei ricordi dei compagni che ci facevano molto ridere.”

  1. In quale materia andava meglio e in quale andava peggio? 

“Peggio penso nel disegno (quindi in arte), ma anche perché il prof non era molto bravo: non ti insegnava a migliorare e non ti dava indicazioni, secondo lui se non eri capace non eri capace. La materia in cui andavo meglio era grammatica, ma anche in matematica me la cavavo abbastanza bene e mi piaceva.”

  1. Che lavoro voleva fare da bambina?

“Per un periodo avrei voluto fare la giornalista, anche perché alle medie ci avevano portato a visitare Il Corriere della sera e mi aveva molto colpito l’organizzazione. Ma già da piccola i giornali mi incuriosivano molto e li sfogliavo.”

  1. Per noi la grammatica è un osso duro. A lei piaceva ed era brava in questa materia?

“Sì, mi piaceva e mi divertiva. Anche alle elementari non avevo difficoltà essendo che me l’avevano insegnata molto bene, con un buon metodo. Questo mi è servito dopo: ho fatto poca fatica alle medie, sia con argomenti nuovi sia con argomenti vecchi.”

  1. Ha sempre fatto questo lavoro?

“No, no. Ho fatto tante cose. Il primo lavoro vero è stato fare la cameriera (lavoro massacrante!) in un ristorante mentre studiavo all’università. Poi ho lavorato in una libreria (mi è piaciuto moltissimo!), poi nella biblioteca dell’università, poi ho insegnato italiano agli stranieri (adulti e ragazzi), poi ho insegnato inglese ai bambini delle elementari, poi ho lavorato in una casa editrice, facendo due tipi di lavori diversi: in uno mi mandavano dei libri da leggere non ancora pubblicati e io dovevo scriverci una recensione, un parere; mentre nell’altro aiutavo un giornalista in varie cose. Ho lavorato anche come correttrice di bozze (trovare gli errori in testi scritti da altri!) e, prima di diventare insegnante di ruolo, ho fatto varie supplenze.”

  1. Cambierebbe mai il lavoro di insegnante? Se sì, cosa le piacerebbe fare?

“Questa è una cosa su cui rifletto abbastanza spesso in questo periodo, perché in certi momenti penso ad altro… Non vorrei cambiare ma, nel caso facessi questa scelta, mi piacerebbe fare la bibliotecaria; poi un altro lavoro a cui ho sempre pensato, ma di difficilissima realizzazione, è fare la critica cinematografica essendo che amo molto il cinema. Un’altra cosa che mi piace tantissimo ma non so fare è cucire, realizzare i propri vestiti. Poi ho scoperto che lavorare nell’orto mi fa stare bene, quindi ogni tanto penso che potrei andare in qualche posto e dedicarmi alla terra, a coltivare…”

  1. Le mancano i suoi vecchi studenti? E’ rimasta in contatto con qualcuno di loro?

“Sì, mi mancano. Mi tornano in mente spesso, qualche volta quando devo preparare una lezione. Alcuni li ho anche rivisti; mi sono fatta lasciare i numeri di telefono degli alunni della terza dell’anno scorso. Poi, essendo che non abito a Vimercate, non ho tante occasioni per incrociarli.”

  1.  Qual è il tipo di studente/studentessa che preferisce?

“Direi lo studente curioso, che ha voglia di essere a scuola per imparare cose nuove. Che sia anche partecipe in classe, che intervenga e che dica la sua. Secondo me la curiosità è una cosa bellissima: è importante tenere la mente aperta a tutto.”

  1. Se uno dei suoi figli prendesse un’insufficienza nella materia che le piace di più insegnare, come reagirebbe?

“Eh, sì, è già successo. Reagirei allo stesso modo se prendesse un’insufficienza in un’altra materia: cercherei di capire come mai questo voto.”

  1. Le dispiace dover mettere un’insufficienza ad alunno/a quando riconosce che si è impegnato/a? 

“Secondo me l’insufficienza significa che qualcosa è mancato da qualche parte, magari lo studio non era completo, magari lo studente non aveva capito del tutto. Più che dispiacermi mi faccio delle domande. Mi dispiace quando ci sono delle interrogazioni durante le quali magari qualcuno si mette a piangere per un’insufficienza e lì capisco che emerge quella emotività che non è stata abbastanza controllata.”

  1. In storia qual è il suo periodo storico preferito e quale trova particolarmente noioso e quindi non le piace spiegare ai suoi alunni?

“Trovo noiosa tutta quella parte del Medioevo che parla del sistema feudale, anche perché la trovo un po’ complicata e quindi non sono mai sicura che gli alunni lo capiscano bene. Invece mi piacciono tanti altri periodi, come la scoperta dell’America, la Riforma protestante, l’Illuminismo, la Prima guerra mondiale. Da alunna non mi piaceva la storia e la trovavo noiosa; ho iniziata ad apprezzarla quando ho cominciato a insegnarla perché per spiegarla ho dovuto ri-studiarla da capo.”

Intervista alla Prof. Galdi