Il lato oscuro degli allevamenti intensivi

Marika Terzoli

Il lato oscuro degli allevamenti intensivi

ECCO. Gli allevamenti.

In quelli intensivi gli animali vivono in gabbie o spazi piccolissimi, certe volte non possono nemmeno girarsi, qualche volta stanno al buio per tutta la vita.

Dove c’è un allevamento intensivo non c’è mai il terreno sufficiente per la quantità di animali che ospita.

L’unico scopo di un allevamento intensivo è far produrre e ingrassare gli animali, spessissimo utilizzando mangimi non sani, cibi innaturali che velocizzano la crescita. Spesso poi gli animali vengono uccisi in modo atroce.

Chi vuole guadagnare dagli allevamenti intensivi dice che in questi ambienti è maggiormente salvaguardata la salute degli animali. Ma, invece, questi poveri animali, in queste condizioni, sviluppano un sistema immunitario più basso, si ammalano più facilmente e, stando tutti assembrati, le malattie si diffondono velocemente.

Pensa che in Europa fino al 2006 si usavano gli antibiotici per bloccare le malattie e per rendere gli animali più grossi, antibiotici che poi finivano tutti nelle nostre pance. Almeno questa pratica per fortuna ora in Europa è vietata, ma tutto il resto resta.

Non bisogna dimenticare che gli scarti di questi animali sono utilizzati come ottimi fertilizzanti per il terreno. Ma il rischio è la contaminazione delle falde acquifere, creando batteri che poi noi inevitabilmente ingeriamo.

L’allevamento intensivo causa anche la scomparsa dell’allevamento tradizionale, in particolare nel Terzo mondo. Ma noi non dovremmo aiutare a risolvere il dramma della fame nel mondo?

Il problema degli allevamenti intensivi non è, quindi, solo per la nostra salute: qui si tratta di un problema di giustizia e ambientale.

Basterebbe guardare alla felicità degli animali: se gli animali fossero felici, noi e la Terra potremmo essere più sani.

Il lato oscuro degli allevamenti intensivi