Intervista alla Prof. Natolo
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Buongiorno cari lettori!
Siamo Marta e Martina di 2°C e oggi, 8 marzo, abbiamo avuto la possibilità di intervistare la nostra professoressa di geografia: Rosanna Natolo.
Noi giornaliste eravamo pronte, felici e tranquille e anche la prof. lo sembrava.
1) Le piaceva andare a scuola? Andava bene in geografia?
Sì, ci sono sempre andata e studiavo volentieri; non ho mai opposto alcuna resistenza e non sono mai stata sollecitata perché dovessi continuare con gli studi.
Sì, in geografia andavo bene, ma più o meno ero brava in tutte le materie.
2) I suoi ricordi migliori sono legati alle scuole elementari, medie o superiori?
I miei ricordi migliori sono legati alle scuole superiori, perché le ho frequentate insieme ad una mia carissima amica. Per cui oltre a studiare (che mi piaceva…) mi sono anche divertita molto, ovviamente nei limiti di quanto fosse lecito fare. Sono state delle belle esperienze, vissute insieme a lei, quelle che la scuola ci offriva.
3) Lei, da bambina, pensava di fare l’insegnante? Se sì, perché? Se no, cosa l’ha spinta a scegliere questo mestiere?
No, io da bambina desideravo fare il mestiere che chiamavo “venditrice di maglioni”, che sarebbe la commessa.
In realtà il desiderio di fare l’insegnante è maturato durante gli studi universitari. Ricordo di aver scelto la facoltà di lettere per seguire interessi personali, perché nutrivo grande passione, amore per le materie che poi avrei approfondito e ne ero molto affascinata. Poi, nel corso degli studi, è maturato il desiderio di diventare insegnante. Devo dire che per me è stato decisivo anche l’incontro con l’insegnante di italiano dell’ultimo anno di liceo: è stata determinante per la mia scelta perchè prima di incontrarla avevo anche valutato la possibilità di specializzarmi nel settore turistico, poi il contatto con lei, in classe durante le sue lezioni, mi ha aperto un po’ gli occhi e mi ha fatto maturare il desiderio di approfondire le materie letterarie.
4) Qual era la materia che le piaceva di più? Quale di meno?
Ricordo che mi piaceva molto studiare grammatica nella scuola primaria, anche se a molti non piace e annoia. Più in generale mi piaceva italiano.
Non saprei dirvi una materia che proprio non mi piaceva, forse chimica alle superiori o qualcosa di molto scientifico. In realtà mi piaceva anche matematica perché la vivevo come una sfida, quindi non mi riusciva difficile studiarla. Per far sì che lo studio fosse un po’ più leggero adottavo questa strategia con le materie che non mi piacevano: facevo finta che mi piacessero!
5) Quanti anni aveva quando è entrata per la prima volta in una classe come insegnante? Che classe era? Che ricordi ha? Da quanti anni insegna?
Avevo 24 anni quando sono entrata per la prima volta in una classe. Dopo essermi laureata avevo mandato il mio curriculum a diverse scuole private di Milano e di Monza, e sono stata chiamata in una scuola di Milano. Mi sono laureata nella primavera del 2011 e poi a settembre di quell’anno ho iniziato.
Avevo due classi, una prima e una seconda.
Ho ricordi belli perchè era un posto dove mi sono subito sentita bene, è stata una bella scoperta del mestiere e della relazione con gli altri. Sempre sul posto di lavoro ho incontrato una collega che poi nel tempo è diventata una mia carissima amica e quindi andare a scuola era un piacere.
Insegno da 13 anni.
6) Le piace il suo lavoro? Se sì, perché?
Sì, a me piace moltissimo il mio lavoro, tant’è che non mi sembra neanche di viverlo come un lavoro, se non per il fatto che sono “obbligata” a presentarmi sul posto di lavoro ogni giorno. Però non lo vivo con quel senso di impegno gravoso, per me è un piacere.
Mi piace perché posso insegnare materie che mi interessano e che mi appassionano; stimola la mia curiosità; approfondisce le mie conoscenze e mi permette di stare a contatto con i ragazzi, che è una cosa che ho sempre fatto anche in ambito extra-scolastico perché, sin da quando ero una ragazzina delle superiori, frequentavo l’oratorio dove avevo degli incarichi come catechista e quindi responsabilità nei confronti di quelli più piccoli di me. La relazione con i ragazzi l’ho sempre coltivata nel tempo. Probabilmente anche a scuola ho questa relazione anche se con ruoli diversi e con modalità differenti, perciò quello che mi fa amare il mio lavoro è il poter stare a contatto con i ragazzi.
7) Quando ha deciso di diventare insegnante, i suoi genitori erano felici o contrari?
I miei genitori sono stati molto felici della scelta che ho fatto, mi hanno sempre sostenuto in tutto e non mi hanno mai ostacolato. Mi hanno sempre dato lo spazio per coltivare i miei interessi, i miei studi e le attività extra-scolastiche.
Però il sogno mai apertamente confessato di mio papà (che però si poteva intuire…) era di avere un medico in famiglia. Infatti ha cercato di indirizzarmi verso studi di quel genere, ma tutt’oggi sono contenti e orgogliosi del lavoro che faccio.
8) A suo parere, le conoscenze degli studenti si verificano meglio tramite un’interrogazione orale o una verifica scritta?
La verifica scritta è più oggettiva: quello che scrivi è quello che sai.
Però non nego mai la possibilità del recupero che di solito propongo con un’interrogazione orale perché mi permette di capire qual è stato il problema in sede di verifica scritta: una non comprensione di ciò che si è studiato, oppure un problema di logica o una mancanza di studio. Nell’interrogazione orale si possono capire più cose rispetto alla verifica scritta.
9) Le piace più insegnare grammatica, letteratura, storia o geografia? Perché?
Mi piace insegnare italiano e quindi sia la letteratura che la grammatica, ma tra le due preferisco la letteratura. Mi piace anche molto insegnare storia e vi devo confessare che mi piace meno insegnare geografia, infatti propongo sempre un taglio storico. Però devo dire che insegno volentieri queste materie perché poi quello che le rende diverse ogni anno è la classe.
Da piccola pensavo che l’insegnante fosse un lavoro noiosissimo perché i prof ripetevano sempre le stesse cose e gli insegnanti che ho incontrato non mi hanno mai detto che questa idea fosse falsa.
Ho imparato che fare l’insegnante non è un lavoro noioso ma ciò che fa la differenza è il pubblico a cui ci si rivolge, ai ragazzi. Poi le materie che insegno sono in continuo aggiornamento e si possono dare tagli diversi agli argomenti che si affrontano, per cui non c’ è nulla di noioso.