Maus – la Shoah a fumetti e non solo…
Proprio così, cari lettori, Maus è una storia incantevole. Anzi, sono due storie incantevoli unite in un incredibile intreccio. In che modo? Non vi resta che proseguire con la lettura…
Partiamo dal principio e torniamo nel 1987. In quell’anno un certo Artie Spiegelman pubblicòpresso Einaudi un fumetto che ha cambiato per sempre il modo di vedere la Shoah: Maus. Nessuno credeva fino ad allora che fosse possibile rappresentare graficamente un fenomeno così tragico. Ma, soprattutto, si credeva ancora più impossibile rappresentarlo in un fumetto allegorico. Un fumetto allegorico è un genere fumettistico in cui i concetti sono espressi tramite figure retoriche. In questo fumetto, in particolare, viene utilizzata la metafora: ogni popolo, infatti, è rappresentato con un animale diverso (i Tedeschi sono gatti, gli Ebrei sono topi, i Polacchi sono maiali, gli Americani cani).
Ma di cosa parla Maus? Come già detto, Maus racconta due storie: la storia del padre di Artie durante lo sterminio nazista degli Ebrei (nel passato), e la storia del rapporto tra Artie e suo padre (nel presente). Queste due storie si fondono in un’unica narrazione: quella di un padre che racconta al figlio la sua vita. Una particolarità da tenere presente è che il padre parla in maniera sgrammaticata perché, essendo emigrato negli Stati Uniti, non padroneggia l’inglese.
Il risultato finale, secondo me, è una specie di riflessione dell’autore, che pian piano comprende come gli orrori vissuti dai genitori siano rimasti anche in lui. Per questo consiglio a chiunque questo straordinario fumetto che va oltre i confini del disegno, a tal punto che gli stessi disegni prendono vita. Dentro di te.