Quelli del caBARet

Quelli del caBARet

In questo articolo parleremo di Quelli del caBARet, un piccolo dolce bar posto all’entrata della scuola.

L’attività è stata ideata e portata avanti dall’educatore Fabio Seno. Nel programma ha collaborato assiduamente anche Massimo Bongarzone, un alunno della classe IIIC.

A loro due si sono sempre uniti anche altri studenti, compagni di Massimo e alcuni altri alunni con bisogni speciali, insieme ai loro educatori e insegnanti: un luogo di tutti, insomma.

Quelli del caBARet consiste in un bar a servizio di tutti gli adulti che lavorano a scuola, in cui vengono preparate e vendute bevande e merende. Ogni venerdì, dalle ore 10:00 alle ore 12:00, un gruppo di 4\5  ragazzini e 2\3 educatori/insegnanti allestisce il BAR, questo spazio in cui si impara ad apparecchiare la tavola, organizzare il necessario per la preparazione delle bevande come il caffè con la moka, il , il ginseng, a lavare e sistemare una volta finito e, soprattutto, a regalare un momento di piacere agli adulti che hanno la possibilità di passare, fermarsi a chiacchierare con i propri studenti, gustarsi il cioccolatino e scoprire che a scuola si può realizzare un progetto capace di rispondere a diversi bisogni, anche quelli più speciali.

La consumazione di questo servizio è a pagamento perché così gli studenti possono comunque imparare a riconoscere a ad utilizzare i soldi, ad esempio, ma anche muoversi all’interno di un progetto articolato come quello di un semplice BAR.

Insieme a loro, gli alunni della IIIC impegnati nel progetto – che si sono alternati a gruppi di due, seguendo un calendario posto all’interno della classe – hanno avuto la possibilità di servire ai professori le bevande preparate, conoscere meglio e aiutare i compagni in difficoltà, ma anche imparare cose nuove, “oltre il banco di scuola”. I soldi che il progetto guadagna settimanalmente sono spesi per rifinanziarlo, dato che l’attività prevede anche un momento settimanale in cui si esce da scuola, si va a fare la spesa al supermercato e si sperimenta l’acquisto dei prodotti utili alla gestione del bar.

Quelli del caBARet è un’alternativa alle macchinette messe a disposizione dalla scuola, così da garantire anche una certa qualità della consumazione. 

Ormai siamo alla fine dell’anno, abbiamo quindi deciso di porre alcune domande agli educatori, agli studenti, ai professori e alle bidelle che hanno impiegato molto tempo e sforzo al fine di sostenere la realizzazione del progetto.

Gabriel Tall Mamadou è uno dei ragazzi di III C più coinvolto in questo progetto.

L’esperienza è stata utile e divertente per te? cosa miglioreresti?

Assolutamente sì, penso sia stata utile e divertente. Utile perché ho impiegato il mio tempo in un modo diverso e ho fatto anche nuove conoscenze, relazionandomi con altri ragazzi; divertente perché, pur avendo partecipato in modo serio e professionale, c’è stata possibilità di scherzare e parlare durante le attività, interagendo anche con i professori. Se proprio dovessi migliorare qualcosa del BAR, sarebbe sicuramente l’estetica.

Secondo te questo servizio dovrebbe essere aperto anche agli alunni? Perché?

Sì, sicuramente; innanzitutto il guadagno aumenterebbe e con i soldi guadagnati si potrebbe comprare più materiale e prodotti, ma anche perché, se per esempio un giorno un alunno non avesse la merenda per varie motivazioni, potrebbe usufruire del servizio.

Proporresti più prodotti da vendere? Se si quali?

Sì, proporrei piccole merendine per esempio un panino alla Nutella, sia per i ragazzi sia per i professori.

Secondo te è davvero necessario allestire ogni volta il bar o avrebbe più benefici averlo fisso su un piano fisso?

Sarebbe meglio averlo fisso in uno spazio e, per realizzarlo, si potrebbe utilizzare una delle aule vuote della scuola.

La prossima intervista è a Sara, una delle nostre bidelle che ha contribuito in modo importante, ogni venerdì, alla realizzazione di questo progetto.

Qual è la tua opinione su quelli del caBARet?

Ho un’opinione positiva; ho notato che molti ragazzi non hanno manualità e penso che questo progetto sia servito per imparare ad usare bene le mani, non solo per telefonini o strumenti tecnologici.

Il suo lavoro viene condizionato da questa attività? Ad esempio le porta più lavoro di pulizie?

No, assolutamente no, perché lo faccio volentieri e non comporta più lavoro.

Sappiamo che lei si è impegnata molto per aiutare gli educatori e gli alunni a preparare e a svolgere queste attività. Perché lo ha fatto?

L’ho fatto perché penso sia stata una cosa utile per i ragazzi che hanno avuto modo di imparare molte cose; aggiungo che avrei coinvolto più persone della scuola in questo progetto, così da dare possibilità a tutti gli alunni di imparare.

Mariangela Melchiorre, Prof.ssa di Matematica e Scienze, ogni venerdì ha ricevuto il caffè in classe, portato dai suoi alunni.

Secondo lei questa attività condiziona l’andamento scolastico dei propri alunni?

No, secondo me è una bella esperienza e non incide affatto sull’andamento scolastico.

Sarebbe utile collaborare con qualche esperto esterno, ad esempio chi lavora già nel settore e possa assumere i ragazzi con diverse disabilità in vere e proprie aziende o per fare una lezione a tutte le classi per raccontare l’importanza e il significato di questi progetti che ormai stanno sbocciando in tutta Italia?

Secondo me noi lo facciamo già; anche con l’open day i ragazzi hanno avuto possibilità di partecipare a questo progetto. Se gli alunni sperimentano questo tipo di lavoro, avranno modo di usare anche le conoscenze acquisite durante l’anno per svolgere anche altre attività. È un’esperienza diversa che permette anche l’interazione tra ragazzi e gli adulti. Aggiungo che anche la gestione della cassa è un aspetto importante e interessante, dato che l’uso dei soldi è molto utile a tutti ragazzi.

Come cliente cosa ne pensa del servizio del caffè?

Un ottimo servizio!

Lei preferisce usufruire del servizio del bar o quelli delle macchinette? Perché?

Preferisco il bar perché, tra il caffè della macchinetta e quello della moka, sicuramente sceglierei la moka, anche perché alle macchinette non viene servito il cioccolatino.

Abbiamo intervistato anche Stefano, uno degli educatori.

Quale significato da all’iniziazione dell’attività quelli del caBARet?

Sicuramente molto importante: offre uno spazio non didattico nella scuola in cui i ragazzi possono sperimentare cose non imparate tramite la didattica.

Secondo lei qual è la relazione con la didattica?

La relazione, se è necessaria, intravedo possa essere con le materie Matematica e Tecnologica.

Tutti i ragazzi al bar hanno le stesse caratteristiche? Cosa li caratterizza?

In realtà sono tutti diversi. Ognuno di noi ha le proprie specificità e sa o non sa fare cose diverse. Ciascuno di noi porta la sua competenza e peculiarità.

Il progetto, come abbiamo detto, è stato fortemente desiderato dall’educatore Fabio Seno, un educatore che lavora nella nostra scuola da molti anni. Grazie a lui molti studenti imparano a divertirsi dietro un bancone, anche se impegnati in un lavoro vero e proprio. Vorremmo quindi porre anche a lui alcune domande per capire meglio il suo punto di vista.

Fabio, come ti è venuta l’ispirazione di iniziare un progetto come quelli del caBARet?

Quelli del caBARet è un progetto di inclusione sociale che vuole provare a creare uno spazio a scuola per chi spazio, nella scuola, ne ha poco per varie ragioni. I ragazzini hanno bisogni differenti tra loro, posseggono stili di apprendimento e modi di comunicare molto diversi tra loro. Gli alunni affetti da disturbi o disabilità, vivono la scuola in modo ancor più difficile. Lo spazio del bar, quindi, è il tentativo di poter vivere la scuola, anche solo qualche ora a settimana, in un modo insolito ma con lo stesso spirito. Durante le attività del bar, infatti, si entra in contatto con nuovi strumenti, nuovi modi di essere e di fare. Si prepara qualcosa per qualcun altro, si sviluppano le abilità sociali, si allenano anche competenze specifiche come la motricità fine e si sperimentano le procedure utili ad organizzare e realizzare un lavoro.

Il tutto è immerso in un delicato percorso volto allo sviluppo delle autonomie di base, come saper riconoscere e gestire gli ingredienti di un prodotto, saper preparare le bevande, saper accogliere una richiesta che proviene dall’esterno e, soprattutto, l’aspetto legato alla gestione economica. È un luogo di formazione, sia per ciò che riguarda le azioni specifiche da compiere nel contesto ristorazione, sia per ciò che riguarda le competenze di vita.

Quanto tempo impiega questa attività?

Quest’anno, l’attività quelli del caBARet è stata organizzata un giorno solo a settimana, in particolare il venerdì, per una durata di circa due ore. La prima ora è dedicata alla preparazione del bar (apparecchiare la tavola, preparare gli strumenti e le bevande come il té, il caffé e il ginseng) e la seconda ora, invece, è dedicata alla somministrazione delle bevande preparate, alla sistemazione e alla pulizia del luogo utilizzato. 

Cosa vorresti modernizzare o aggiungere a questo progetto?

Mi piacerebbe inserire anche tutta la parte legata alla preparazione dei panini o di altre merende che potrebbero essere gustate, sia dagli adulti che lavorano a scuola, sia dai ragazzi che hanno il piacere di assaggiarle.

Guardando questi ragazzi preparare il caffè, quale differenza riesci a vedere tra il loro primo giorno ed ora?

Molti ragazzi che vengono ad aiutarci nella gestione del bar sono già molto bravi e riescono ad essere dei riferimenti per la gestione delle attività. Altri, che non hanno mai preparato la moka o utilizzato una piastra ad induzione, scoprono nuovi strumenti e, alla fine, imparano delle cose che non sapevano neppure esistessero.

Aggiungo che il delicato processo inclusivo, del resto, non è altro che riuscire a creare le condizioni affinché tutti, ognuno con le proprie difficoltà e punti di forza, possa ricoprire un ruolo per poter avere la possibilità di giocare la propria partita e ottenere, così, gratificazione per ciò che è in grado di svolgere.

Speriamo che questo articolo vi sia piaciuto e che questo progetto continui anche l’anno prossimo, eventualmente coinvolgendo più ragazzi e trovando una stanza solo per il bar. Ma ora, beviamoci un caffè.

Quelli del caBARet